L’Unione Europea ha ufficialmente aperto una nuova procedura di infrazione contro l’Italia e che riguarda l’Assegno Unico e Universale destinato alle famiglie. Che cosa non va nella nuova norma dei sostegni ai nuclei familiari?
Il nuovo sistema dell’Assegno Unico e Universale ha sostituito ormai da un po’ di tempo la miriade di assegni e bonus che le famiglie con figli potevano richiedere allo Stato. Si tratta di un sistema che all’apparenza permette una certa dose di ripristinata uguaglianza, dato che si basa sulla presentazione del modello ISEE. A seconda della propria fascia ISEE si riceve un assegno mensile per ogni figlio a carico che può variare anche in base ad alcune condizioni specifiche. Ci sono per esempio le maggiorazioni del 50% per i figli disabili, quelle per chi ha almeno tre figli entro i tre anni e per chi ha più di quattro figli.
Ma questo provvedimento che sembra equo e giusto perché aiuta le famiglie sembra invece contenere in sé una infrazione ai diritti dei cittadini europei ed è su questo che si concentra la procedura di infrazione. Per l’Italia si tratta di una seconda procedura per i requisiti relativi ai bonus e ai sostegni economici dopo la procedura aperta nei confronti del Reddito di Cittadinanza.
L’Assegno Unico viola i diritti
Tutta la questione relativa alla procedura di infrazione aperta ufficialmente dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia sull’Assegno Unico e Universale riguarda nello specifico un requisito che è stato introdotto. Un requisito che, questa è la lettura della Commissione, viola i diritti dei cittadini che appartengono a Paesi membri dell’Unione Europea. La caratteristica oggetto della sanzione è il requisito che i cittadini non italiani devono avere in termini di residenza e convivenza.
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Il requisito della residenza si attiva ovviamente per chi non è cittadino italiano: per poter richiedere l’Assegno Unico e Universale occorre essere residenti in Italia da almeno due anni. L’altro requisito è quello della convivenza ovvero della necessità che per chiedere il sostegno dello Stato italiano i figli debbano essere convinti con il genitore che richiede l’assegno.
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Una situazione che con la fluidità del mercato del lavoro in tutta Europa potrebbe non verificarsi. Questi due requisiti creano dunque agli occhi della Commissione Europea un principio di disuguaglianza. Resta ora da capire se l’attuale governo vorrà mettere mano alla misura. Il governo ha due mesi di tempo per decidere come muoversi e in caso di mancata comunicazione all’Unione Europea da parte della Commissione può arrivare il cosiddetto parere motivato.