Tanto agognata e meritata dopo decine di anni di lavoro, la pensione è il momento a cui tutti ambiamo ma bisogna fare attenzione: ci sono dei casi in cui potrebbe esserci revocata. Scopriamoli insieme.
Dopo aver raggiunto una certa età o aver accumulato un numero sufficiente di contributi previdenziali durante la propria carriera lavorativa, resta una sola cosa da fare: andare in pensione. Per ottenerla e poi mantenerla, l’INPS ha imposto determinati obblighi a cui ciascun pensionato deve adempire.
Non tutti però sanno, infatti, che in determinate circostanze questi benefici finanziari possono andare incontro a una sospensione, a una revoca temporanea oppure, in alcuni casi, anche a una cessazione permanente. Tendenzialmente, ciò succede quando il pensionato dimentica – omette – di presentare all’INPS uno specifico documento necessario per dare conto di tutte le entrate che costituiscono il suo reddito. Dopo la pensione, infatti, non è raro che le persone continuino comunque a lavorare.
Ci sono misure che permettono ai contribuenti di andare in pensione anticipatamente, come le ormai stranote Quota 100, Quota 102 o Quota 103. Esse però portano in sé anche un vincolo che spesso qualche pensionato finisce per dimenticare. Sì, perché pur in pensione un individuo ha il diritto di continuare a lavorare e percepire reddito, a patto però che esso derivi solamente da lavoro autonomo occasionale e non superi i 5.000 euro all’anno, pena la cessazione del trattamento pensionistico da parte dell’INPS.
Tutti i pensionati che integrano la propria pensione con un altro lavoro sono perciò tenuti a compilare il RED. Si tratta di un modulo obbligatorio, da consegnare indicativamente intorno al mese di febbraio di ogni anno. La mancata compilazione della dichiarazione RED può costare molto cara al pensionato, che potrebbe così vedersi sospesa la pensione.
In questi casi, la situazione può anche aggravarsi perché l’INPS potrebbe anche rivalersi sull’individuo, pretendendo la restituzione delle somme percepite nei mesi precedenti. Stesso discorso per chi riceve l’Ape sociale. Non essendo una vera pensione ma un trattamento economico ponte verso la fine della propria attività lavorativa, questo cessa di esistere compiuti i 67 anni. L’individuo è quindi tenuto necessariamente a fare richiesta di pensione per vecchiaia: se non lo fa, potrebbe non ottenerla.