C’è un “cavillo” a cui dover fare attenzione quando si parla di pensione. Una piccola cosa che in realtà può fare una grande differenza!
Quando si parla di pensioni, spesso capita di trovarsi a discutere e cercare di capire come e se ci andremo. In realtà c’è un cavillo a cui ben pochi fanno attenzione, e che invece dovremmo tenere molto da conto. Si tratta di un particolare in grado di fare la differenza, e non solo per quanto riguarda l’importo che prenderemo, ma anche per quanto riguarda tutta un serie di altri fattori che dovrebbero essere valutati con attenzione.
In Italia il nostro trattamento pensionistico è basato su un sistema di tipo contributivo, ma non è sempre stato così. Prima del 1995, la pensione veniva calcolata tramite il sistema retributivo, ovvero tenendo conto delle migliori retribuzioni prese durante la nostra carriera lavorativa. È stata la Riforma Dini, a cambiare tutto, purtroppo a nostro discapito, visto e considerato che le nostre pensioni sono oggi molto più basse rispetto al passato.
Come già accennato, le nostre pensioni si basano su un sistema contributivo, ma cosa cambia, per chi, ad esempio, ha iniziato a lavorare prima della data del 31 dicembre 1995, ovvero ha avuto un periodo lavorativo ancora con il sistema retributivo? Ebbene, questo particolare può fare la differenza. Ad esempio, esiste la Quota41, ovvero la possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di lavoro, a prescindere dall’età, ma tra i requisiti per poter accedere alla misura, bisogna oltre ad essere dei lavoratori precoci, anche avere per lo meno un contributo versato prima del 1995. I contributivi puri, quindi, sono esclusi.
Inoltre, benché sia possibile anche per i contributivi puri accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni, ciò è possibile a fronte di un ulteriore requisito, ovvero quello di avere un pensione di almeno 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Ciò vuol dire, per il 2023, che si dovrà avere un tetto annuo di 9.813,76 euro.
Infine, i contributivi puri sono esclusi anche dal trattamento integrativo minimo, ovvero se i contributi non permettono di raggiungere la cifra stabilita per il 2023 che è di 563,74 euro, chi ha maturato contributi prima del 1995 sarà aiutato a raggiungere la cifra, mentre ciò non accadrà per gli altri.