Quando si presentano le dimissioni o si subisce un licenziamento, è sempre obbligatorio dare o ricevere il preavviso? Cosa dice la legge.
Può capitare di dover lasciare il posto di lavoro, chiudendo un rapporto di mesi o anni, per iniziare una nuova avventura professionale. In questo caso si devono dare le dimissioni. Al contrario, ci possono essere casi in cui è il datore di lavoro che vuole chiudere il rapporto con noi, dandoci la lettera di licenziamento. Situazioni delicate e da gestire con attenzione, seguendo scrupolosamente le norme legislative.
Molti si domandano, tuttavia, se sia sempre obbligatorio dare il preavviso, ovvero quel periodo di tempo, di solito 15 giorni, dovuto per dare la possibilità al dipendente di trovarsi un’altra occupazione. Ci sono casi, però, in cui non è dovuto, ed è bene conoscerli per evitare di potersi trovare in ulteriore difficoltà. Vediamo cosa dice la legge in merito.
Dimissioni e licenziamento: quando il preavviso non è obbligatorio
Dal 2016, con l’avvento del Jobs Act, le dimissioni volontarie vanno presentate solo per via telematica, in modo da evitare le cosiddette dimissioni in bianco, ovvero quelle che alcuni datori di lavoro facevano firmare addirittura al momento dell’assunzione al dipendente. Il preavviso, inoltre, si interrompe, riprendendo dal giorno di ritorno sul lavoro del dipendente, nel caso di malattia, maternità, infortunio e ferie.
Nel caso di licenziamento per giusta causa, ovvero l’impossibilità di proseguire con il rapporto lavorativo a fronte di importanti lacune, il preavviso non è dovuto, sebbene il datore di lavoro sia tenuto a versare l’indennità prevista dal codice civile. Inoltre, in caso di lavoro a tempo determinato, entrambe le parti possono recedere prima della scadenza del contratto senza doverlo dare obbligatoriamente.
Anche in caso di risoluzione consensuale tra le parti, nessuna delle due è tenuta a dare preavviso. Infine, anche una madre lavoratrice non deve dare preavviso se le dimissioni avvengono durante il periodo in cui è vietato licenziarla, ovvero quello dall’inizio della gravidanza fino a 1 anno di età del figlio. Un diritto che si estende anche al padre con congedo di paternità, il quale non deve per forza sottostare ai 15 giorni previsti.