Molte persone stanno valutando la chiusura della propria partita Iva. E le stesse persone si stanno interrogando se potranno accedere alla Naspi
Come confermato dal Ministero dell’Economia tramite il proprio Osservatorio, l’anno scorso si è verificato un declino delle nuove registrazioni di partite Iva dopo il picco del post-Covid. In questo inizio del 2023. C’è, infatti, chi si sta domandando se lavorare in autonomia sia ancora una scelta saggia in un momento incerto e pieno di incognite, ma anche segnato da un significativo aumento dei costi a causa dell’inflazione.
Per questo motivo, è interessante chiedersi se in caso di chiusura della partita Iva si abbia diritto all’indennità di disoccupazione, ovvero la Naspi. Una misura statale aiuta molte persone che hanno perso il lavoro per diverse ragioni. In questo articolo ci concentreremo su questo argomento, fornendo una risposta precisa, ma prima di farlo esaminiamo brevemente il contesto e spiegheremo cos’è la Naspi e se spetta alle partita Iva.
Naspi e partita Iva
Ci sono molte ragioni per chiudere una partita Iva, come ad esempio troppe tasse, difficoltà a trovare clienti, inattività per lungo tempo. La partita Iva può anche essere chiusa d’ufficio se inattiva per almeno tre anni, una misura introdotta per semplificare gli adempimenti delle imprese e dei professionisti, senza sanzioni per la mancata comunicazione. Come spiega il sito web del Ministero del Lavoro, l’indennità di disoccupazione consiste in un istituto, sotto forma di sussidio, destinato ai soggetti che finiscono per trovarsi in uno stato di disoccupazione involontaria. Essa serve come compensazione per il mancato guadagno degli stessi ed opera in modo proporzionale al reddito da lavoro anteriormente incassato. Esistono vari tipi di indennità di disoccupazione ma quella più importante è la cosiddetta Naspi, ovvero la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego, oggi operativa in sostituzione di ASpI e mini-ASpI.
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La Naspi è stata prevista dal d. lgs. n. 22 del 2015 e, come accennato, ha la finalità di dare sostegno al reddito dei lavoratori subordinati che abbiano perduto il lavoro in modo involontario. Detta indennità di disoccupazione è versata ogni mese per un numero di settimane uguale alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi 4 anni e, in ogni caso, è da ritenersi una prestazione assegnata soltanto su domanda online dell’interessato. Inps è l’ente destinatario delle domande e titolare dell’iter diretto a valutare la presenza di tutti i presupposti. Il Ministero del Lavoro conferma che l’indennità di disoccupazione è una forma di aiuto per coloro che si ritrovano in una situazione di disoccupazione involontaria. Questo sussidio serve a compensare la perdita di reddito e viene calcolato in base al reddito precedente da lavoro.
Quando si richiede la Naspi
La possibilità di richiedere la Naspi non è limitata solo ai casi di licenziamento, ma anche ai lavoratori che hanno presentato le dimissioni per una giusta causa e ai casi in cui vi sia stata una risoluzione consensuale del contratto di lavoro (processo obbligatorio di conciliazione).
Inoltre, il versamento della Naspi è condizionato dalla partecipazione costante del lavoratore alle iniziative per l’occupazione e ai percorsi di riqualificazione professionale identificati dalle autorità competenti. Sorge dunque la domanda se i possessori di partita Iva, in caso di licenziamento o di chiusura di partita iva, spetti la disoccupazione.
Naspi in caso di chiusura di partita Iva?
Per risolvere questo dubbio, l’indennità di disoccupazione Naspi è una prestazione per i lavoratori dipendenti con determinati requisiti contributivi e non è destinata a coloro che hanno una partita Iva come lavoratori autonomi o imprenditori. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni, come nel caso di un libero professionista che ha anche un lavoro dipendente part-time.
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Se soddisfano i requisiti generali della Naspi, queste persone possono ancora richiedere l’indennità, a patto che il loro reddito da lavoro autonomo non sia superiore a 4.800 euro e che dichiarino regolarmente il loro reddito all’INPS. E’ fondamentale tenere presente che, in caso di mancata dichiarazione o di presentazione oltre il termine previsto, l’indennità può essere persa. La domanda deve essere presentata telematicamente sul sito dell’Istituto entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.